giovedì 22 marzo 2012

Un giorno di (stra)ordinaria follia


Inizio a scrivere questo post alla fine di una giornata tremenda e mi riprometto di limarlo e pubblicarlo domani, quando starò meglio, quando avrò dormito, quando mi sentirò meno male. 
Perchè io oggi ho creduto di morire, di impazzire, di venire inghiottita da un'enorme voragine aperta sotto i miei piedi da un mostro che aveva le sembianze del volto immobile di mia figlia. 

L'ho sentito chiamare oggi "crisi di assenza", ma il referto dell'ospedale riporta "convulsioni febbrili semplici".

Succede che la febbre si alza, si alza. Succede che una madre inesperta e una pediatra superficiale sottovalutino i sintomi, le rogne, i deliri di una bimba piccola, tanto piccola. Perchè Elisabetta, malgrado a volte la sua altezza e il suo peso portino fuori strada, è una bimba piccola, indifesa, è un gattino, un pulcino.

Elisabetta oggi, al culmine di una giornata di febbre alta, ha smesso all'improvviso di reagire, di rispondere, di muoversi e di incrociare il mio sguardo. Due occhi bellissimi e vuoti, girati in una posizione che di normale non aveva nulla. Io e lei sole in macchina, io che urlo il suo nome e cerco di scuoterla e lei immobile, rigida come una bambola, un rantolo mai sentito al posto del respiro. 

Abbiamo fatto qualche conto: 5/6 minuti  in tutto. Pochissimi minuti in auto prima di arrivare a casa, lei stesa sul divano totalmente assente, poi la telefonata al 118, l'ambulanza, l'ossigeno, e finalmente qualcosa sul suo volto che cambia, come un risveglio da un torpore di anni. 

Io sono morta. 

Abbiamo passato qualche ora in ospedale, giusto il tempo perchè la febbre scendesse e lei ricominciasse ad entusiasmarsi per la Peppa Pig e per i tappi dei pennarelli. Ci hanno spiegato quello che sapevamo già: con la febbre può capitare, non succede nulla di grave e bisogna solo stare attenti. 

Ma io sono comunque morta. 

Devo dire grazie a qualcuno...
Daniele.
La mia carissima zia che mi ha detto due volte: "Vai di là a bere un bicchiere d'acqua" mentre sconosciuti in divisa si affannavano intorno alla mia bambina. Mi sono versata il bicchiere d'acqua più amaro che abbia mai bevuto, ma mi ha fatto tanto bene. 
La voce dell'Amica. 
Tanti sms. 
Parecchie sigarette. 

Ho capito che non devo più spaventarmi in quel modo, che se dovesse succedere ancora Elisabetta non morirà e tornerà come prima in un tempo del tutto accettabile. Ho capito quali sono i segnali che devono allarmarmi e che è importante contare i minuti in cui tutto accade, ho memorizzato il nome di un farmaco da tenere con me nel caso succeda ancora.

Ma nel frattempo, ve lo assicuro, io sono morta. 

Il gomitolo dei pensieri si ingarbuglia insieme alle mille sensazioni spiacevoli e al sapore del terrore. Perchè il terrore ha un sapore preciso che oggi ho sentito sotto la lingua, accompagnato da un freddo gelido dentro alle ossa. 
Credo che avrò bisogno di giorni prima di  stare bene e soprattutto per ricominciare a credere che va tutto bene. 
So che quello che è successo è, tutto sommato, qualcosa di superabile e del tutto comune, eppure è stato terribile, come quando possiedi una cosa bellissima e qualcuno ti insinua il dubbio che sia rotta, che in realtà non funziona bene come sembra. Nella mia testa si sono alternati pensieri che mai avrei immaginato di poter elaborare: d'ora in poi starò sveglia tutta la notte a controllare che stia bene-io non posso più andare al lavoro e lasciarla sola-è stata tutta colpa tua giuppy-sei una madre di merda perchè hai sottovalutato, non hai capito, non hai previsto-stai rovinando tua figlia.
Ora questo vortice di pensieri sta passando, lentamente, lasciando una scia di dolore che pian piano si lenirà, lo so. 

Ma ho capito moltissime cose oggi. 
Una tra tutte è che è molto meglio se le cose ce le raccontiamo. Perchè se un'altra mamma mi avesse descritto mesi fa un episodio simile, so che oggi me ne sarei ricordata subito e forse il panico sarebbe stato meno cieco. Avrei cercato di ricordare cosa ha fatto lei, avrei cercato di ripercorrere il percorso mentale che l'aveva portata ad allarmarsi e a trovare la soluzione giusta nel minor tempo possibile.
Tra noi mamme queste cose ce le raccontiamo già, ma facciamolo di più. 

Io oggi ho pensato solo che dovevo portare Elisabetta a casa (ma ero davvero molto, molto vicina) e chiamare il 118, ricordarmi di dire l'indirizzo di casa, spiegare cosa vedevo e cercare di ascoltare con lucidità.
Il mio grado di lucità, così per dire, era tale che quando l'operatore del 118 mi ha chiesto "Ma sta respirando?" io ho risposto: "Non lo so, devo controllare". Ecco. 
In realtà l'unica funzione vitale rimasta evidentemente intatta (se non per lo strano rantolo in gola) era proprio il respiro. Per fortuna!!

Abbraccio tutti voi che avete avuto una parola per me, che mi avete tenuta per mano, che vi siete immedesimati nel mio terrore, che mi avete detto che sono stata brava anche se ho pianto. Ne avevo proprio bisogno...
giuppy

domenica 18 marzo 2012

11/52 w.p. di Webamicizie e non solo...



L'undicesima foto del W.P. non è sicuramente una foto tecnicamente perfetta, ma emotivamente a me dice tanto.
Sono appena tornata da un week end nelle Marche, ospite di un'amica davvero speciale.


La nostra amicizia è nata grazie alla nostra passione comune per lo stamping, mi piace ripensare che Franz è stata una delle prime follower di questo blog e che subito io e Giuppy l'abbiamo sentita una persona molto familiare.
La prima impressione si è dimostrata veritiera.
Potrei scrivere un post lunghissimo,  ma certe belle sensazioni faccio fatica ad esternarle.
Credo che questo scatto in cui si vede la mia mano, stretta in quella di Franz valga piu 'di mille parole.
Grazie di tutto Franz!
Ele.